Valerio Di Rocco, dall'Abruzzo a Londra per amore della musica

20 Febbraio 2013
Rosa Anna Buonomo
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imageIn molti lo ricorderanno tra i concorrenti della trasmissione “Amici di Maria De Filippi”. Era il 2003, quando iniziò la sua avventura televisiva. Ma prima di sedere tra i banchi del talent condotto dalla De Filippi, il cantante abruzzese Valerio Di Rocco aveva già all’attivo diverse esperienze, come la partecipazione a “Destinazione Sanremo”. Quella edizione di “Amici” la vinse il ballerino albanese Leon Cino, ma da allora Valerio non si è più fermato.

Una carriera in ascesa la sua, che lo ha visto calcare i palcoscenici dei teatri italiani tra i protagonisti dei musical “Footloose”, “Hair” e “Giulietta e Romeo”. E che da circa un anno lo ha fatto volare in Inghilterra, dove si è esibito con il coro Urban Voices Collective in occasione della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra e dei Bafta, gli Oscar britannici. Nel prestigioso coro militano anche altri due italiani: Gianluca De Martini, ex concorrente di “Amici”, e Roberto Angrisani.

Come sei entrato a far parte degli Urban Voices?

Il mio amico e collega Gianluca De Martini viveva già in Inghilterra e mi ha parlato di queste audizioni indette dal produttore degli Urban Voices per partecipare come coro della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra. Ho preso un volo e ho sostenuto due audizioni. Non pensavo che ce l’avrei fatta, invece mi hanno scelto ed è stata la cosa più bella che mi sia capitata. Il produttore David Arnold si è innamorato di questo coro e ci ha fatto incidere un disco negli storici Abbey Road Studios.

Ai Bafta vi siete esibiti con Paloma Faith. Com’è andata?

È stata un’esperienza che non dimenticherò mai. Lei è stata grandiosa ed essere in mezzo a così tanti divi di Hollywood che ti guardano e ti applaudono ha il suo perché!


Cosa ti ha lasciato l’esperienza delle Olimpiadi?

Oltre all’aver chiacchierato amichevolmente con gente come The Who o Brian May, o ancora aver scambiato opinioni sulla musica con musicisti del calibro di George Michael o i Pink Floyd, quello che più mi è rimasto dentro è stata l’accoglienza degli inglesi. Ci hanno fatto davvero sentire parte di qualcosa di grande nella loro storia musical-culturale.

La tua partecipazione ad “Amici”. Pro e contro.

L’unico contro arriva dalla mentalità un po’ snob e provinciale di alcuni produttori televisivi che non mi permettono di partecipare ad altri talent musicali solo perché 10 anni fa sono stato protagonista di “Amici”. Questa è una cosa che davvero non capisco. Il talento è talento e quello dovrebbe essere un tassello nella carriera di un performer, così come ce ne sono stati e ce ne saranno.

Qui questa cosa, in Inghilterra intendo, non la avverto. Mi hanno anche detto che nel nuovo “The Voice of Italy” c’è la possibilità davvero per tutti di ritornare a farsi sentire dal grande pubblico è questo è qualcosa che mi fa sperare in un cambiamento verso una maggiore apertura mentale. I pro sono moltissimi: grande impatto sul pubblico, lavorare per molti mesi con professionisti del settore, la possibilità di fare un musical ad alti livelli come “Footloose”, l’aver conosciuto alcuni tra quelli che ormai considerò i miei più grandi amici come Gianluca De Martini, Samantha Fantauzzi, Salvo Vinci, Gianluca Merolli, Francesco Capodacqua e Antonino Spadaccino.

Cosa c’è nei tuoi prossimi programmi professionali?


Qui in Inghilterra sono in giro a far concerti per confrontarmi, crescere e testare la mia voce oltremanica. Col coro degli Urban Voices ci sarà l’uscita di un ep e un tour. Ho due audizioni importanti da sostenere ma non dico nulla per scaramanzia.


Talent e Sanremo. La tua opinione sulla partecipazione e, spesso, la vittoria di cantanti usciti da talent show.


Credo che bisogna cominciare a smetterla di parlare di partecipanti che vengono dai talent semplicemente perché sono ragazzi che hanno sempre voluto fare questo mestiere e sono esattamente uguali a chi i talent non li ha fatti. Sono estremamente contento e orgoglioso di Marco Mengoni, che vorrei conoscere per stringergli la mano e dirgli quanto lo stimo.

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