Vivere cibandosi di musica e altri rimedi: intervista ai Phinx

18 Novembre 2013
Veronica Valli
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PhinxQuando tre anni fa è uscito il loro primo album “Login” i Phinx sono stati accolti come una vera rivoluzione nel panorama musicale alternativo italiano. Da allora sono passati tre anni e loro sono tornati – alla grandissima – con un nuovo disco, “Hòltzar”, col quale hanno dimostrato di non essere la solita indie band ma di avere talento e soprattutto coraggio per la sperimentazione. Li ho incontrati per farmi raccontare in prima persona come si sono evoluti in questi anni, come stanno andando i loro progetti e che cosa si aspettano dal futuro.

Iniziamo dal vostro nuovo album, “Hòltzar”. Come è nato? Che idee ci sono dietro?
Hòltzar è stato ideato in una baita sull’altopiano di Asiago, ma si è concretizzato un anno dopo quell’esperienza. Uno dei primi pezzi è stato “Ministry of fog”, con quel brano ci siamo convinti della strada “artistica” da seguire, di lavorare molto sul campionamento dei suoni che ci circondavano, di contrastare l’elettronica più “chirurgica” al calore della “mano” nelle parti analogiche. Abbiamo deciso di valorizzare anche i rumori di fondo che si creavano durante le registrazioni, ciò ha reso ancor di più ogni take un’unica fotografia sonora di quell’attimo. Prima delle registrazioni non ci siamo dati un “canovaccio” da seguire, ci siamo lasciati ispirare soprattutto dalle nuove timbriche che avevamo collezionato in quei mesi.

Al livello di sonorità, questo disco è piuttosto diverso da “Login”. Come sono cambiati i Phinx in questi anni?
Siamo sicuramente maturati personalmente e artisticamente, Hòltzar è cresciuto insieme a noi e rappresenta realmente le atmosfere, le emozioni e le ispirazioni che abbiamo provato nei mesi della stesura. Non ci piace metterci troppi paletti, la musica è vita e di conseguenza in continua mutazione; certe cose rimangono invariate ma altre sono destinate a cambiare. In questi ultimi anni abbiamo approfondito i nostri percorsi individuali, anche al di fuori della musica; ma soprattutto nel 2012 ci siamo dedicati quasi esclusivamente alla chiusura del disco.

Sempre parlando di Hòltzar, sono evidenti i rimandi anni Ottanta, che però nella vostra musica ci sono sempre un po’ stati. A chi vi siete ispirati per questo album? Avete avuto delle band di riferimento?
Sebbene ci siamo sempre riconosciuti figli degli anni Novanta, ognuno di noi apprezza ed ammira molte band che hanno fatto la storia nel decennio precedente: i Cure , Melvins, Pixies, R.E.M, Joy Division e molti altri. Ci siamo sempre voluti staccare da dei riferimenti ben precisi perciò le influenze nella composizione dei brani sono state esclusivamente irrazionali. Abbiamo avuto un approccio molto istintivo nella stesura, facendo un viaggio dentro noi stessi; avevamo bisogno di non avere troppe influenze dall’esterno e di concentrarci soprattutto al livello introspettivo.
Il riferimento più esplicito è forse stato quello della Natura e di ogni cosa ci ispirasse campionare. Molti suoni concreti registrati durante diversi viaggi sono diventati parte delle composizioni stesse: rami come rullanti cicale come charlieston, rocce come mallets, rumori come pad. L’elettronica è stata ricercata e sperimentata attraverso campionamenti da vecchi vinili e da suoni di sintetizzatori analogici. Per le batterie analogiche, le chitarre e le voci abbiamo rifiutato l’uso artificioso di editing e autotuning, giocando invece con le imperfezioni ed i rumori.

HoltzarSiete una delle band più in vista del panorama indipendente italiano. Vi definite una band indie oppure non vi piace etichettarvi?
Bisognerebbe analizzare a fondo quali sono i connotati di una “band indie”, a che immaginario questa parola rimanda. Sicuramente siamo ben lontani dalle logiche del “mainstream”, crediamo di fare una musica autentica che non per forza debba etichettarsi in qualcosa.

C’è qualche gruppo indipendente che seguite, anche emergente e con cui magari vi piacerebbe collaborare?
Ci troviamo in sintonia artistica e personale con molte band della nostra etichetta (Irma records), tra cui: Drunken Butterfly, Joycut, Sophie Lillienne. Proprio con loro abbiamo condiviso il palco poco tempo fa al NewAge di Treviso, per la “Irma goes Indie” serata organizzata dalla Irma stessa e che sicuramente verrà riproposta in futuro.

Sappiamo tutti che vivere di musica in Italia non è facile. Voi riuscite a vivere facendo soltanto i musicisti?
Effettivamente vivere di musica non è semplice, fortunatamente però, “cibarsi” di musica è più fattibile. Nel senso che gli introiti culturali, di emozioni e di soddisfazioni riescono, in un qualche modo, a bilanciare la questione economica. Lo facciamo, prima di tutto, perchè è la nostra passione; cerchiamo di non lamentarci, anche se il mondo della musica e soprattutto la sua burocrazia potrebbe essere più efficiente e meglio gestito.

Che idea vi siete fatti della situazione politica del nostro Paese?
Stiamo vivendo una crisi economica ma soprattutto sistemica; una crisi partitica senza precedenti. La politica ha bisogno di trovare un riassetto per rappresentare realmente i cittadini. Lo Stato e le istituzioni dovrebbero dare un esempio compatto e positivo di una strada da intraprendere in termini di valori, competenze, giustizia, sostenibilità e troppe altre cose per la quale valga la pena fare dei sacrifici comunitari. Il problema è che attualmente invece di essere un modello, si dimostra, nelle sue soggettività, un esempio da non seguire. Sarà difficile uscire da questa situazione, soprattutto se non si faranno avanti le nuove leve con delle idee altrettanto originali.

Torniamo alla musica. Come vi ponete nei confronti di siti come Spotify e Youtube, che consentono l’ascolto gratuito della musica? Li utilizzate? O preferite il classico, vecchio cd?
Utilizziamo questi supporti, e offriamo la possibilità di ascoltare la nostra musica in tutti i formati. Lasciamo la scelta all’ascoltatore, ovviamente se un disco ti piace sai che con il cd puoi ascoltarlo ad un’altra qualità e spesso con dei diffusori migliori. Il problema del digitale è anche che frequentemente si ascolta con apparecchi che non la valorizzano.

Domanda scontata ma di rito: che progetti avete per il futuro?
Uno dei progetti che più vogliamo realizzare è quello di fare un tour in Europa, ci stiamo lavorando e siamo fiduciosi. Ovviamente abbiamo molta voglia di far conoscere questo disco anche sui palchi italiani. I prossimi appuntamenti sono: 11 dicembre Capanno Blackout a Prato, il 13 dicembre al Balaclava di Civitavecchia (Roma), Il 14 dicembre al Key Drum di Sarno (Salerno).

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