Due italiani su sei soffrono di disagi mentali, numerosi anche i suicidi

14 Gennaio 2014
Giovanni Pili
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Fino a che punto la crisi economica è responsabile dei disagi mentali e dei suicidi in aumento?

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Sull’edizione del lunedì del Fatto Quotidiano, alle pagine 4-7 è apparso un interessante reportage firmato da Elisabetta Ambrosi e Paola Porciello, integrato con un bel racconto di Caterina Bonvicini e interviste a diversi psicoanalisti e psichiatri. Riguardava i 17 milioni di italiani che soffrono di disagi mentali; praticamente quasi 2 su 6. Una inchiesta al femminile che testimonia la grande importanza assunta dalle donne nelle Scienze Psicologiche; pensiamo a grandi figure come Melanie Klein o Edith Jacobson, la lista è lunga.

Il mal di vivere è un problema che ormai ha assunto dimensioni da “piaga sociale”, di cui non si parla mai. Anche chi dichiara di esserne uscito preferisce restare nell’anonimato, per paura di essere considerato “mal funzionante”. L’ansia da prestazione è uno dei fattori più comuni, persino tra i cosiddetti VIP, sorprendentemente alla base ci sarebbe anche la “paura della libertà di scelta”. In un paese dove il futuro appare ormai una minaccia – come ci insegna Umberto Galimberti – prendere decisioni, immersi in una società che “ci lascia soli” ad affrontarne le conseguenze, può essere causa di grande stress. Nessuno è immune:

«La depressione colpisce a caso: Si tratta di una malattia, non di uno stato d’animo». (Tahar Ben Jelloun, L’albergo dei poveri)

Il ceto sociale non dovrebbe essere rilevante. Per quanto aiuti parecchio. Disturbi d’ansia, depressione, insonnia, disturbo post traumatico da stress; sono patologie che richiedono assistenza da parte di professionisti specializzati. Non è facile districarsi in questa selva di competenze. Solo l’8/16% incontra un professionista e solo il 2/9% ha un trattamento consono al suo problema. Anche in Italia questi problemi stanno portando ad un aumento dell’uso di psicofarmaci. In USA è decisamente peggio. C’è una certa faciloneria nel servirsi di “pillole magiche” in grado di far sparire disturbi mentali, come fossero delle emicranie. Il problema può riguardare anche prescrizioni troppo disinvolte, senza risparmiare gli adolescenti; già che c’è capita che persino il medico di base si improvvisi psichiatra. Nel settore privato le cose non vanno meglio, i professionisti viengono monitorati poco e male, da supervisori appartenenti alla stessa scuola di appartenenza.

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Paola Labriola, psichiatra uccisa da un suo paziente per una ricetta.

E’ importante capire il rapporto tra crisi e salute mentale dei cittadini. Potrebbe farci risparmiare diversi fatti di cronaca nera. Si ricordano casi come quello dell’omicidio della psichiatra Paola Labriola, per esempio, uccisa da un suo paziente, che chiedeva una ricetta per ottenere la pensione di invalidità. Spesso si etichettano come “suicidi da crisi”, tutte le morti che riguardano persone in difficoltà economica. Difficile trovare nessi reali tra contingenze del genere. Il suicidio per debiti si registra anche in società “economicamente sane”. Esistono condizioni ambientali e sociali “patogene” a prescindere dagli andamenti di borsa. Un rapporto diretto tra depressione e le conseguenze di questa crisi è comunque abbastanza ovvio. Esemplare il caso della Grecia: 3 suicidi ogni 100.000 abitanti. Stiamo parlando di un paese che prima della crisi aveva il più basso tasso di suicidi in Europa.

Decisamente, non si possono assolvere le istituzioni; come sostiene la psicoanalista Marta Tibaldi sul Fatto:

«Uno stato che taglia su tutto … è simile a un genitore che perseguita invece di prendersi cura, e può riattivare vissuti traumatici infantili o aggravare modalità già fragili di rapporto con il mondo esterno».

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I coniugi di Civitanova Marche, Romeo Dionisi e Maria Sopranzi. Si impiccano a causa delle ristrettezze economiche.

Sono circa 4.000 le persone che nel 2013 si sono tolte la vita in Italia. Citiamo il caso emblematico dei coniugi di Civitanova Marche, Romeo Dionisi e Maria Sopranzi, impiccati perché non riuscivano più a finire il mese, seguiti dal fratello di lei, Giuseppe, gettatosi a mare a casua del trauma. Chi si uccide non lo fa mai per questioni metafisiche, è un po’ come trovarsi in un grattacielo in fiamme; prima o poi ci si butta dalla finestra, a causa dell’eccessivo calore. Accettare di star male e chiedere aiuto – banalmente – sarebbe la via d’uscita ideale. Peccato che gli avvoltoi sono sempre in agguato.

Lo stress da lavoro è un esempio di come i disagi mentali prescindano dalle crisi economiche: Mobing, vessazioni e mito della competitività possono portare ansia, depressione, aritmie, asma, panico, eccetera.

E’ disarmante constatare che i più esposti sono proprio i lavoratori coinvolti nel loro mestiere. “Fregarsene” non dovrebbe sortire gli stessi effetti – finché questo non porti al licenziamento, ovviamente. La sensibilità di una persona, la sua emotività, dipendono molto anche da fattori fisiologici, come l’asse ipotalamo ipofisi surrene, responsabile dello stress. L’equilibrio biochimico di questo sistema viene plasmato dal vissuto quotidiano. Il mobbing è uno dei fenomeni più influenti da questo punto di vista. Per difendersi è fondamentale creare dei “compartimenti stagni”, non lasciare che episodi accaduti al lavoro ci seguino a casa, al cinema, con il coniuge, eccetera; occorre anche ottimizzare il tempo libero – sempre che lo si abbia – creandoci interessi per altre attività, come il volontariato.

La soluzione è dentro di noi e non è sbagliata, parafrasando un grande satiro italiano. E’ noto per esempio, che esiste una molecola anti-stress prodotta dal cervello denominata “nocicettina”. Studi in merito sulle sue peculiarità potrebbero essere decisivi nel curare i problemi mentali.

Purtroppo nessuna terapia o molecola biologica potranno mai cambiare il mondo esterno. Per quello dobbiamo rimboccarci le maniche… attività che spesso si è rivelata “terapeutica”
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