Genitori omosessuali: Nuovi studi confermano parità coi genitori etero

14 Gennaio 2014
Giovanni Pili
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Da oltre dieci anni la ricerca psicologica si interessa all’Omogenitorialità. Grazie anche a questi studi l’Occidente si sta aprendo alle coppie omosessuali e all’estensione del diritto di adozione.

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In Italia per lo più si polemizza attorno al termine “genitore 1” e “genitore 2”, come se sia normale che due omosessuali facciano a sorte per stabilire chi dei due faccia il papà e chi la mamma. In questo senso l’Università di Pavia è l’avanguardia. Per la prima volta in Italia i ricercatori pavesi stanno conducendo uno studio che coinvolge coppie etero e omosessuali sui tratti della personalità inerenti la genitorialità, partendo da uno studio su famiglie eterosessuali della Dott.ssa Sarah La Marca (2012), la quale aveva sottolineato l’importanza delle caratteristiche di personalità di entrambi i genitori nel forgiare le scelte e lo sviluppo del figlio.

A Pavia lo studio non si è fermato. Un team di cinque ricercatori, con a capo il Dott. Francesco Rovetto e la Dott.ssa Sarah La Marca, ha raccolto i feedback di coppie etero e omosessuali, attraverso un test di personalità (il TCI-R ideato da Cloninger nel 1999) per evidenziare se vi siano differenze legate all’orientamento sessuale nel poter essere un buono o cattivo genitore.

Uno dei ricercatori del team, il Dottor Federico Elio Calemme, sta divulgando la ricerca anche su Facebook, con lo scopo di raccogliere dati da nuove coppie – specialmente omosessuali – date le difficoltà che ancora si trovano in Italia a dichiarare la propria condizione sessuale dal vivo. Se lo studio finora ha raccolto un campione di 104 coppie, si vuole adesso raggiungerne almeno 150, in modo da poter pubblicare in riviste specializzate dei risultati più solidi. I primi risultati pubblicati dallo stesso Calemme sulla rivista “State of Mind” (Giornale delle Scienze Psicologiche) sono incoraggianti.

«La mia ipotesi di partenza – afferma Calemme – è che non vi siano differenze in relazione all’orientamento sessuale, e che quindi anche le coppie gay e lesbiche siano pronte ad essere famiglie adottive».

A prescindere dagli studi già esistenti, i primi risultati confermano che non vi siano evidenze del fatto che una coppia omosessuale possa danneggiare in qualche modo lo sviluppo del bambino, a meno che non si prenda in considerazione il pregiudizio degli altri. L’Italia in questo tema, come in tanti altri, continua ad essere l’ultima ruota del carro; l’omofobia impedisce che si arrivi al pieno riconoscimento delle coppie omosessuali, fin’ora si sono visti solo timidi provvedimenti, nonostante esista una sentenza della Corte di Cassazione (11 gennaio 2013) che dovrebbe spingere a prendere sul serio il problema. Possibilmente prima che dall’Europa arrivino nuove sanzioni.

«Spesso infatti – continua Calemme – il fatto che due gay o due lesbiche non possano come coppia dare alla luce un bambino viene fatto coincidere con l’incapacità di poterne crescere uno in modo adeguato. In realtà si parla di due concetti totalmente diversi, rispettivamente infatti si parla di “procreazione”, come possibilità di concepire un bambino, e di “filiazione”, come capacità di educare un bambino. Nello specifico la capacità di essere un buon genitore può essere suddivisa a grandi linee nella capacità di donare al proprio figlio affetto, calore e sicurezza, e nella capacità di saper anche definire giuste regole di disciplina e comportamento. Inoltre la precedente ricerca su famiglie eterosessuali (La Marca, 2012) ha rilevato che alla madre spetta principalmente la capacità di donare affetto e calore; al padre è riservato invece il ruolo di dare regole e disciplina».

Riguardo quest’ultima affermazione, le analisi di Calemme, assieme a Chiara Manfredi, altro componente del team, hanno portato già ad una scoperta che se confermata da altri studi darebbe il colpo di grazia alla narrazione cattolica, con la sua visione cristallizzata attorno ad una figura femminile affiancata a quella maschile.

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In sostanza si è potuto constatare che tanto le coppie lesbiche quanto quelle gay sono in grado di adattarsi sviluppando due ruoli complementari quando si trovano a dover accudire ed educare i propri figli adottivi
. Era già risaputo del resto, che i generi “maschile” e “femminile” sono mere costruzioni culturali. Per tanto anche i ruoli di “padre” e “madre” – al di là di quello che l’evoluzione ci ha lasciato in termini di predisposizioni genetiche – non sono funzioni biologiche, ma sociali. Come tali possono essere generalizzate nel semplice termine di “genitori”, prescindendo dall’orientamento sessuale.

La ricerca mira anche ad analizzare altri due fattori: in che modo la durata del rapporto e la scolarizzazione dei genitori influisca su tali requisiti genitoriali. Calemme spiega, a tal proposito, in che modo i ricercatori si mossero nel precedente studio:

«A riguardo, furono poste ai soggetti domande sulla loro relazione e sugli anni trascorsi dietro i banchi di scuola e dell’università, e si è notato che coppie più durature sembrano più pronte ad essere buoni genitori rispetto a quelle meno longeve (come la Legge Italiana afferma, permettendo l’adozione solo a coppie formatesi da almeno 3 anni), ma che la scolarità non sembra influire a riguardo».

I risultati danno conferme a questioni che alle persone con una buona istruzione sono più che scontate. Lo stesso Calemme afferma di non aver riscontrato mai in ambiente accademico delle resistenze di alcun tipo, anzi registra numerosi attestati di stima e di incoraggiamento per il lavoro che il team sta svolgendo.

Tutti noi – unica discriminante l’essere single – possiamo dare una mano alla ricerca. L’evento Facebook dove è possibile iscriversi e chiedere copia del questionario è ancora attivo. Non siate timidi.

Aggiornamento


PALERMO – un adolescente di 16 anni è stato affidato dal tribunale dei minori ad una coppia gay, date anche le buone referenze fornite dal servizio affidi del Comune.

adozioni-gay-250x200Nella città che di recente ha ospitato il Gay Pride, creato un registro delle unioni civili, e finanziato aiuti alle coppie di fatto anche la Sicilia si dimostra all’avanguardia rispetto al resto del Bel Paese. Daniela Tommasino, Presidentessa del “Arcigay-Palermo” ha così commentato la notizia:

«Stiamo facendo passi da gigante … anche se mi sembra normale che due omosessuali vogliano aiutare qualcuno che sta vivendo una fase delicata dell’adolescenza … L’obiettivo è mutare in meglio la vita quotidiana delle persone … e in questo senso il parlamento nazionale è più indietro rispetto a tante realtà locali, non garantendo pari dignità a tutti i cittadini. Questa è la cosa più grave».

Non si può parlare di “adozione” vera e propria, perché il minore rimane formalmente ancora sotto la tutela del tribunale. Non di meno si tratta di un grande passo avanti paragonato al nulla che si registra nel resto della penisola. (cfr. Giulio Giallombardo, SiciliaInformazioni, 14/01/2014)

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