Sciopero dal consumismo di una mamma: Hattie Garlick " Free our kids"

18 Gennaio 2014
Laura Elisa Rosato
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Disgustata dal vortice del baby consumismo, Hattie Garlick 8 mesi fa ha fatto una scelta radicale e ha deciso di rinunciare a tutto il superfluo. Giornalista e scrittrice, Hattie Garlick ha scritto per il Times , Guardian e Telegraph ed è la fondatrice di Free our kids , il blog che ha catturato l’immaginazione dei genitori di tutto il mondo .


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La molla è scattata in lei il giorno del 2° compleanno di suo figlio Johnny quando ha realizzato quanto gadget , giocattoli, vestiti e snack avessero preso possesso di casa sua ( incidendo notevolmente sul conto in banca) e ha cominciato a farsi delle domande.

Era tutto superfluo?

L’ abbigliamento: un bambino deve stare caldo e asciutto, questi gli unici requisiti fondamentali. Dunque perchè non scambiare vestiti con parenti e amici come si faceva una volta? Idem per i giocattoli e per i pannolini ( abbandonare gli usa e getta e tornare ai pannolini di stoffa). Questione cibo: non è necessario acquistare prodotti già confezionati ma ci si puo’ divertire a cucinare insieme ed è divertente cimentarsi a tagliare i capelli al proprio bimbo. Già eliminando questi elementi, è possibile passare un intero anno senza comprare cose specifiche per bambini ( medicinali esclusi) .

Tornata a casa ho raccontato queste idee al mio anziano vicino di casa che, un po’ perplesso mi fa “ ma non è quello che i genitori hanno sempre fatto?”. Ero davvero l’unica a soffrire di questo?

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In successione ho ripensato ai corsi prenatali, ai genitori ansiosi e la loro lista dei must have, ai genitori assembrati ai reparto degli snack per bambini, alle riviste zeppe di annunci di nuovi ninnoli e accessori per bambini, alle statistiche allarmanti che indicano che il costo medio per allevare un figlio fino alla maggiore età è salito a 218mila sterline. Alle 10mila sterline che i genitori britannici spendono solo in giocattoli ( di cui i 2/3 non vengono nemmeno mai usati) .

No, non potevo essere la sola a pensarla così. Ho pubblicato un post e mi sono assentata una mezz’ora. Al mio ritorno l’interesse suscitato dai miei folli piani di sciopero dal consumismo avevano risvegliato un grandissimo interesse e avevo trovato tantissimi sconosciuti pronti ad accettare la sfida insieme a me. Non sono mancati commenti sarcastici: “ ha solo due anni, cosa vuoi che ne sappia del consumismo?” Eppure ci sono prove che il riconoscimento del marchio inizi in tenerissima età ( leggi questo approfondimento Bambini Consumatori: La Malattia Del Capitalismo

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No, non mi aspettavo che avrei avuto una crisi esistenziale masticando la torta di compleanno di mio figlio. Non sono una eco- guerriera e nemmeno socialista, né mi ritengo un’esperta ma non potevo non pensare a quel rapporto dell’Unicef che metteva in guardia i genitori britannici sul tardivo sviluppo dei loro bambini. E i responsabili siamo noi , i genitori che intrappolano i propri figli in quel vortice di consumismo che serve anche a placare tanti loro sensi di colpa.

Ripensai alla scatola traboccante di giocattoli e a tutto il resto: stavo inconsapevolmente trasmettendo a mio figlio valori materialistici? Man mano che il tempo passava e mettevo in pratica i miei propositi ho realizzato che la spinta fondamentale all’acquisto era in una sotterranea mancanza di fiducia in sé stessi. I miei genitori erano lontani e non potendo contare sul loro appoggio ero spaventata e facile preda del marketing. Quando ho indetto la prima riunione di baratto locale, pubblicando un annuncio su Facebook, ero in ansia. Non sapevo esattamente cosa aspettarmi da tutti quegli sconosciuti che entro poche ore sarebbero piombati a casa mia. Tre ore dopo mi ero liberata di un sacco pieno di giocattoli inutili ed avevo tre paia di pantaloni, maglie e libri per bambini e il mio giro si sta ingrandendo sempre più.

E’ stata dura quando ho realizzato di non aver pensato ai prodotti per bambini dentifricio, shampoo bagnoschiuma ecc. Ho chiamato un esperto di cosmetica che mi ha svelato che la maggior parte dei dichiarati prodotti per bambini altro non sono che la versione diluita di prodotti per adulti, altri hanno solo la confezione che richiama i loro personaggi preferiti, ma niente più di questo. Ho comunicato subito con entusiasmo la mia scoperta sul blog. Anche lì sono stata criticata di non aver abbastanza a cuore la sicurezza di mio figlio.

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A volte, devo ammetterlo, quella smania sembra volersi impossessare di me, come quando ho realizzato che Johnny era l’unico bambino del quartiere a non avere il mini scooter. Quando mi chiedono per quanto tempo ho intenzione di continuare non so rispondere. Credo che Johnny non si sia nemmeno accorto della differenza.

Il terrore mi ha colto quando ho scoperto di essere nuovamente incinta, di una bambina. Mi sono detta che farò di tutto per evitarle di crescere con l’idea di dover avere determinate cose per sentirsi femminile ( gli abiti da principessa, il make up per bimbe, i vestiti alla moda ecc ).

Guardo mio figlio che è felice di giocare in una scatola di cartone e mantiene l’entusiasmo molto più a lungo di quanto abbia mai fatto con un giocattolo nuovo di zecca . Lo vedo che prende sul serio i suoi compiti di giardiniere e che quando arrivano i nonni non vede l’ora di portarli all’aperto e mostrare loro i progressi delle piante so che non cambierei tutto questo nemmeno per un milione di miniscooter.

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