Intervista a The Niro – “A Sanremo canto l’ultimo grande sogno”

19 Febbraio 2014
Chiara Amendola
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the niro okQualcuno lo ha definito un “marziano” a Sanremo. Già perché Davide Combusti, in arte The Niro  siamo abituati a sentirlo cantare in inglese. Eppure al Festival ci è arrivato con una canzone in italiano, 1969. Il brano celebra l’ultimo sogno che ha accumunato l’intera umanità, il viaggio sulla luna. Un “canone inverso” per i clichè sanremesi, una ballad dal retrogusto malinconico in cui si riconosce immancabilmente il suo stile.

Cosa ci fa The Niro a Sanremo?

L’Unità mi ha definito un “marziano”.  Sono molto felice di essere stato accolto al  Festival  con questo brano non ‘sanremese’.  Ho sempre pensato che non fosse la cornice ma il contenuto  a fare l’artista nella carriera di un musicista soprattutto se cantautore, quindi come ho suonato in una frutteria o al supermercato, potevo mai non suonare sul palco più famoso d’Italia? Bisogna avere coraggio, conquistarsi gli spazi in un momento in cui non c’è spazio per gli emergenti. Io ho appena registrato un disco in italiano e questa è la mecca della musica italiana, anzi a posteriori mi pento di non averlo fatto prima.

Perché questa “svolta” in italiano?

La svolta c’è stata quando ho scritto un brano per Malika Ayane, “Medusa” e nel riascoltare il provino mi sono emozionato ed ho pensato ‘ questa la canterei anche io’. Mi sono fatto un sacco di domande e dopo settimane di sperimentazione ho capito che potevo esserne in grado. Poi vedremo cosa dirà il pubblico.

Parliamo del 1969, cosa rappresenta quest’anno per te?

Il 1969 è l’anno dello sbarco sulla luna e del fatto che l’umanità si sia sentita riunita in un sogno comune per l’ultima  volta. Noi delle nuove generazioni non abbiamo avuto il nostro 1969. Ho sempre immaginato come sarebbe stato vivere un’esperienza del genere.

Possiamo dire in un certo modo che il 2014 è il tuo 1969?

Si  esatto, direi di si (ride)

Tra i giovani che sono in gara con te c’è qualcuno che temi o apprezzi particolarmente?

Apprezzo tantissimo tutti i cantautori che conoscevo già prima e che continuo a stimare adesso. Poi qui c’è un clima quasi fraterno e non esiste competizione. Condividiamo tutto insieme. Ho legato tantissimo con Diodato, Filippo Graziani e mi sta simpaticissimo Rocco Hunt. Per certi versi posso far mie le parole della direzione artistica quando ha detto che i giovani non hanno nulla da invidiare ai big.

E tra i big c’è qualcuno per cui fai tifo?

Mi è piaciuto il primo brano de I Perturbazione ed il secondo di Arisa, entrambi passati durante la prima serata. Poi tifo Sinigallia. Mi sento legato a tutti gli artisti che hanno avuto quel percorso di gavetta simile al mio, fatto di piccoli locali.

Un festival iniziato nel nome della crisi, vedi un po’ il caso dei due operai che hanno minacciato di buttarsi di sotto all’Ariston, cosa pensi di quello che sta succedendo a Sanremo a questo proposito?

Il Festival di Sanremo è innanzitutto una grande vetrina, in verità tutti si aspettano sempre gli imprevisti da questa kermesse che diventa una sorta di amplificatore per tutto, l’amore, l’odio, la denuncia


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