Da un enzima il segreto per produrre idrogeno a basso costo

9 Aprile 2014
Giovanni Pili
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Entro cinque anni avremo celle a combustibile ad alta efficienza, grazie ad un enzima.

58d0a4a59b24da274f7508124c0508d9Fin’ora dovevamo accontentarci di estrarre l’idrogeno attraverso l’elettrolisi dell’acqua, metodo che richiede di spendere energia elettrica, questo riduce sostanzialmente l’efficienza di certe tecnologie, specialmente per il fotovoltaico, dove le celle a combustibile idrogeno vengono proposte dall’economista Jeremy Rifkin per ottimizzare la produzione altrimenti discontinua ed integrarla in una più ampia rete che mette in simbiosi tutte le tecnologie a energia rinnovabile coordinate da appositi browser.

Una scoperta attesa da tempo potrebbe rendere le Reti di Rifkin ancora più appetibili e fattibili. I ricercatori dell’Università Milano-Bicocca hanno pubblicato su Nature Chemistry e sul Journal of the American Chemical Society degli studi che rilevano finalmente in che modo l’enzima idrogenasi – presente in diverse specie di alghe e batteri – produce l’idrogeno. Innanzitutto si è riusciti a capire come questa struttura chimica riesca, nonostante sia composta di atomi di ferro, a non arrugginirsi a contatto con l’ossigeno; tutto dipende anche dalle sue capacità di cambiare agevolmente conformazione, presenta insomma una certa flessibilità, inaspettata ai ricercatori.

Quel che viene ossidato, ottenendone l’estrazione, è invece l’idrogeno; la chiave di questo processo sarebbe il nichel presente nell’enzima. L’efficienza di questo processo è altissima, come spiegano nel loro studio i ricercatori:

«Scoprire la struttura e il meccanismo di funzionamento delle idrogenasi rappresenta una delle possibili chiavi di volta per la progettazione di celle a combustibile a basso costo, dal momento che quelle attualmente disponibili sul mercato necessitano della presenza di palladio o platino, più costosi del ferro e del nichel utilizzati negli studi. A livello di tempistiche, stiamo parlando di un possibile sviluppo nell’arco di quattro o cinque anni».

Questa scoperta potrebbe rappresentare una svolta decisiva nella dolorosa transizione da un mondo basato sulle risorse fossili ad un altro che si reggerà sulle rinnovabili, determinando anche un nuovo modello di società, che necessiterà per potersi reggere di un maggiore senso di comunità a scapito dell’egoismo organizzato imposto dalla precarietà dell’energia.

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