Filippo Graziani, "Canto la mia generazione"

24 Luglio 2014
Rosa Anna Buonomo
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Filippo GrazianiEssere figlio d’arte non è sempre una cosa semplice. Lo sa bene Filippo Graziani, figlio del cantautore Ivan. Un cognome indubbiamente impegnativo il suo, ma di stoffa Filippo ne ha da vendere e il suo talento lo sta dimostrando di giorno in giorno.
Classe 1981, ha iniziato a suonare la chitarra quando aveva 18 anni. E, da allora, il mondo della musica non l’ha mai abbandonato. Con il fratello Tommy, abile batterista, ha iniziato a esibirsi dal vivo nei locali di tutta Italia, fino ad arrivare ad aprire concerti e a dividere il palco con importanti artisti della scena nazionale.
Dopo un’esperienza americana ha deciso di tornare alle sue radici e di iniziare l’avventura di “Viaggi e intemperie”, un omaggio alla produzione musicale di suo padre. Il successo del suo tour “Filippo canta Ivan Graziani live”, nel 2011, gli ha permesso di entrare nella rosa dei 5 finalisti per la targa Tenco come miglior interprete.
In gara all’ultimo Festival di Sanremo nella categoria Nuove Proposte con il brano “Le cose belle”, si è aggiudicato il Premio Lunezia 2014 per il miglior testo (categoria Nuove Proposte).
Filippo è in tour nelle principali città italiane, per presentare il suo album “Le cose belle”. YOUng l’ha intervistato.

Quali sono le cose belle per Filippo Graziani?

Sono le piccole cose della vita, le piccole esperienze, le piccole emozioni, che sono poi le cose più importanti per me.

“Le cose belle”, il brano con cui hai partecipato lo scorso febbraio al Festival di Sanremo, è stato premiato come miglior testo nella sezione Nuove Proposte al Premio Lunezia. Cosa ha significato per te questo riconoscimento?

Tantissimo perché il Lunezia è un ottimo premio, ancora estremamente pulito. Sul testo ci puntavo molto, anche se a Sanremo penso sia stato recepito in parte, non come speravo. E’ un testo un po’ meno romantico, di impostazione più rock.

Una canzone, come hai dichiarato, che guarda a una generazione “con un piede in un secolo e uno in un altro, cresciuta alla luce della televisione degli anni ’80 che ha proposto un modello di futuro fatto di cose belle mai arrivate e che perciò fanno male”. La generazione di noi trentenni di oggi..

E’ un periodo difficile. La nostra generazione è quella che ha pagato di più. Siamo cresciuti carichi di aspettative, ma la realtà è stata diversa.

E’ in rotazione radiofonica Cervello, secondo estratto dell’album. Ce ne parli?

Parla di egoismo sentimentale, di incapacità di provare sentimenti veri, di egocentrismo. Cose che cerco di stemperare con una canzone e un video molto ironici.

Sabato ti esibirai a Novafeltria (Rimini), tua città natale..

Sono molto contento. Suonare nel proprio paese è una soddisfazione molto grande. Spero di fare il meglio.

Durante il concerto riproporrai anche alcuni brani storici di tuo padre Ivan. Cosa ha significato per te essere figlio d’arte?

Ci domanda cosa sarebbe per noi. Gli rispondo: penso che sia più difficile dimostrare quello che si è. E lui ci conferma: E’ esattamente così. Ha un 50% di lati positivi e un 50% di lati negativi. L’Italia è un paese sentimentale. Ma io le canzoni di mio padre le faccio perché mi piacciono e perché mi va di farle.

Hai un’altra grande passione: il pugilato. Nel video “Le cose belle” sali sul ring con il tuo allenatore..

Lo sport è una mia grande passione, che mi tiene in contatto con la vita e mi aiuta a stare in equilibrio.

Cosa pensi dei talent show?

Non li guardo, non mi interessano molto. Spesso mi dicono che i concorrenti hanno cantato brani di mio padre e mi fa piacere. Non biasimo chi ci va ma non è il mio percorso, non è una strada che sceglierei per me. Preferisco la strada canonica, che passa dai locali e dalle piazze. La televisione la vedo come un punto di arrivo, non di partenza.

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