Intervista esclusiva a Matteo Brancaleoni, il crooner italiano che ha incantato Michael Bublè e Fiorello

26 Luglio 2014
Lorenzo Cappiello
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_M6E2895Dall’Italia agli Stati Uniti, passando per il Canada e per il Giappone. La musica di Matteo ormai è inarrestabile. Ma come nasce questa tua passione?
Esagerato! Magari fosse davvero inarrestabile come hai detto! (ride) Ho avuto delle piccole e grandi soddisfazioni, ma ancora ben lontane da quello che in realtà vorrei riuscire a fare. La passione per la musica e lo spettacolo nasce con me, a due anni avevo una tastierina Bontempi che mi avevano regalato i miei genitori, a 4 cantavo Pavarotti e imitavo la Raffaella Carrà di “Pronto Raffaella” che vedevo in TV. A 6 anni scrivevo i testi per dei mini spettacolini che il giorno di Natale facevo recitare a mia sorella o alla mie cugine. È una vera e propria vocazione. Per la mia famiglia invece si tratta di rassegnazione, all’inevitabile! (ride)

Quali artisti hanno influenzato il tuo percorso artistico?
Per la musica ed il genere su tutti Frank Sinatra, lui è l’interprete per eccellenza, la perfezione. Se Dio fosse “uomo” avrebbe la sua voce. Il mio primo “incontro” precoce con The Voice avvenne all’età di 5 anni, mio padre registrò il concerto sulla Rai di Sinatra al Palatrussardi di Milano. Io ci riregistrai sopra due puntate dell’ A-Team…Anni dopo mi sarei mangiato mani e gomiti per averne una copia. Me ne regalò una il barbiere vicino casa a Milano, era un grande fan di Sinatra. Ma fra i tanti ci sono anche Domenico Modugno, che adoro per passione viscerale con cui interpreta i suoi testi rendendo la canzone un atto quasi fisico, e Sammy Davis Jr. per il grandissimo senso dello show.

Il tuo penultimo lavoro discografico, New life, rappresenta perfettamente il concetto di musica. Difatti, in questo tuo incredibile progetto, sei riuscito a coniugare il jazz più classico con brani moderni. Come è nato questo progetto? E che cosa ha rappresentato per te?
Ti ringrazio. “New life” è nato dalla volontà di crescere e misurarmi per la prima volta con un bravissimo arrangiatore come Nerio Papik Poggi. Discograficamente ero partito con “Just smile” insieme a Sellani, Cerri e Bosso, un disco rispetto a “New life” profondamente più legato al jazz classico. Si cresce, si vogliono provare cose nuove. Non mi sono mai visto come un cantante jazz, non ho la preparazione per esserlo, ho sempre voluto essere un interprete, spaziando anche in generi affini. Volevo insomma provare una “nuova vita” che mi distaccasse un po’ dall’idea di “ah sì quello che canta Sinatra”.

Sei stato “scoperto” un po’ di anni fa da Fiorello che ti ha invitato in alcuni suoi programmi radiofonici e televisivi, l’ultimo l’Edicola Fiore. Come è stato lavorare con il più grande showman italiano?
A Rosario devo proprio tanto, gli voglio un gran bene e oltre all’essergli grato lo sento vicino a me, quando parliamo di musica, dei grandi interpreti o performer della storia mondiale abbiamo più o meno gli stessi gusti e ci affascinano le stesse cose. Fiorello è una persona autentica, ha un grande cuore ed una grande intelligenza e sensibilità, mi ha dato tanti consigli utili. Da quando insieme a Baldini mi lanciò su “Viva Radio Due”, sono passati 7 anni prima che capitasse di incontrarci di persona, cosa che avvenne appunto all’EdicolaFiore, di cui tutt’ora ho un bellissimo ricordo anche perché ho conosciuto tanti amici e bellissime persone in quei giorni.
“Lavorare” con Fiorello, se il verbo lavorare è appropriato vivendolo grazie alla sua forza, più come uno stare insieme fra amici ed un gioco continuo, ti insegna tantissimo e non è semplicissimo. Nella tua testa ti prepari tutta una serie di cose “farò così”, “dirò così” poi il genio di Rosario, la sua arte di improvvisare stravolge tutto magari prendendoti alla sprovvista e ti sembra di esserti fregato con le tue mani. “Oddio che figuraccia” pensavo tra me e me ogni volta che il “telefonino-telecamera” di Fiore mi aveva appena ripreso, poi magari mi riguardavo a casa e mi dicevo, “non è andata così male come mi sembrava!” E’ una grande scuola, ed è la forza di Fiorello quella di riuscire sempre a cogliere l’autenticità delle cose. Sai che è successo qualche volta che per motivi tecnici una puntata dell’edicola si cancellasse per errore. Bene quel giorno non andava sul web. Fiore non voleva assolutamente che si replicasse. Le battute spontanee e le risate vere che c’erano fra di noi non si potevano replicare in modo autentico, dopotutto molti degli avventori dell’Edicola (Agonia, Gion Uein, Il Dottore, Fabione, La moglie del dottore, Arnaldo…) sono persone normali, professionisti, pensionati, non attori. Rifare un’edicola avrebbe tolto verità e spontaneità che arriva sempre diritta al cuore della gente. E questo Fiorello lo sa bene perché è un genio della comunicazione in senso lato.

_M6E2817Per quanto riguarda la tua musica, invece, hai avuto l’onore di calcare il palco assieme a Michael Bublè, tuo caro amico. Immagino che per te sia stata un’esperienza fantastica, vero? Quando un duetto assieme?
Bè tornando alla memoria a quella sera a Roma al The Place, non userei l’aggettivo “fantastico”. Fu quasi traumatizzante. Non ricordo un’altro momento della mia vita dove tremai letteralmente come una foglia dalla paura. Scioccante ed inaspettata, sono gli aggettivi più consoni. Con Michael ci conoscevamo già da 4 anni, ma lui non sapeva che io cantassi e fino ad allora non mi ero mai sognato di chiedergli nulla per un mio grande limite che è quello sempre di non “voler disturbare”. Ma suo nonno Demetrio il Natale precedente gli fece ascoltare il mio disco “Just smile” che gli avevo spedito per fargli gli auguri. Lui non mi disse nulla, mi invitò a questo showcase per presentare il suo disco “Call me irresponsible” (alla mattina c’era stata la conferenza stampa con i giornalisti a cui avevo partecipato), e ad un tratto dello spettacolo scese fra il pubblico mi prense per mano e mi fece “Vieni con me voglio cantare qualcosa insieme”. Ricordo: panico e terrore. Poi lui sa metterti a tuo agio e tutto andò bene. Nei camerini dopo il concerto mi diede un sacco di consigli come un fratello più grande, fu davvero molto carino. Al tempo stava con Emily Blunt, bellissima che era con lui e che conobbi quella sera. Un duetto credo, al momento, sia improponibile, lui è una SUPER star mondiale, io sono poco più che una mosca nei suoi confronti ed in più non so quanto ad oggi potrebbe aiutare la mia carriera, chissà un giorno forse quando anch’io sarò un po’ più “grande”. Non gliel’ho mai chiesto comunque, fra le mie “debolezze” ho sempre il terrore di rovinare un’amicizia dando l’impressione di voler “sfruttare” in qualche modo il rapporto che c’è fra due persone. Solo i consigli di Fiorello finora mi hanno aiutato a migliorare un po’ il mio rapporto con questo mio lato del carattere: “se non chiedi, la gente non può entrare nella tua testa”. Gliene sono molto grato.

Parlando di collaborazioni, se potessi scegliere un artista italiano e/o internazionale con cui duettare, con chi ti piacerebbe condividere il palco o una canzone?
Fra gli artisti italiani Fiorella Mannoia e stranieri Tony Bennett o Shirley Bassey.

Hai dei progetti per il futuro? Stai lavorando al tuo prossimo, e tanto atteso, lavoro discografico? Ci puoi anticipare qualcosina?
Ho iniziato da qualche settimana a lavorare al prossimo disco, che con ogni probabilità uscirà l’anno prossimo. Dopo “New life” un’altro cambiamento, questa volta farò un disco quasi unicamente in italiano. Negli ultimi due anni mi sono accorto quanto la musica italiana sia apprezzata all’estero e quanto è accolta in modo entusiasta. Voglio provare a cimentarmi con questo grande repertorio e chissà magari lasciare anche una mia piccola orma. Ci saranno sicuramente delle cover, stravolte nel mio stile come mi piace fare, ma anche degli inediti.

Grazie mille Matteo per la tua disponibilità, per la tua semplicità e per la tua simpatia. È stato un onore e un piacere per me intervistarti…In bocca al lupo per tutto!

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