Il Job Title scelto da sé che ottimizza il proprio lavoro e consolida l'autostima

18 Settembre 2014
Federica Russo
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Business-cardA volte le qualifiche con le quali ci si identifica al momento di una presentazione sembrano noiose già solo a sentirle. Potrebbero essere i mestieri più belli e gratificanti del mondo, ma chi chiede: ” che lavoro fai?” e l’altro risponde: “Sono un direttore di ufficio di micro analisi cellulare“, già a metà frase l’altro interlocutore non ti starà più ascoltando. Nomi troppo lunghi, parole tristi e noiose. Come fare?

La risposta la fornisce la Make-A-wish-Foundation. L’organizzazione offre al lavoratore di scegliere il Job title a suo piacimento. In questo modo ognuno può darsi la definizione che vuole in base alla propria personalità e al modo in cui vede il proprio lavoro.

I ricercatori Adam Grant, Justin Berg e Dan Cable hanno approfondito il tema, raccogliendo i dati nel testo dal titolo “Job titles as Identity Badjes: How Self-Reflective Titles can reduce emotional exhaustion“, pubblicato dalla Academy of Management. I tre ricercatori hanno saputo incrociare i dati acquisiti nel corso di interviste, esaminare e confrontare osservazioni ed impressioni, vivisezionare documenti di archivio e dossier aziendali, riuscendo a ricostruire i meccanismi psicologici innescati dall’iniziativa di Make-A-Wish.

Secondo lo studio, i lavoratori riescono ad alleggerire la fatica e lo stress del lavoro, diventando agli occhi degli altri anche più simpatici perché quando qualcuno chiede che lavoro si fa, si risponde dandosi un titolo identificativo della propria personalità. Ma un minuscolo artifizio come questo può garantire una tanto significativa differenza nelle relazioni tra l’impresa e chi vi presta servizio? Secondo gli studiosi che hanno realizzato la ricerca della Academy of Management americana l’attribuzione spontanea della qualifica innesca dinamiche psicologiche tutte positive perché sollecita i meccanismi di autoverifica, consolida l’autostima, conferisce maggiore sicurezza, migliora i rapporti con gli altri.

E così i lavoratori che si sono affidati a questa nuova tecnica per migliorare la propria figura professionale ed essere anche un po’ più ottimisti al lavoro hanno adottato nomi diversi come Messaggero magico“, “Eraldo delle notizie felici“,”lanciatore di coriandoli, già campione olimpionico“.

L’esito dello studio dei ricercatori ha quindi evidenziato il numero sempre più alto di imprese che hanno consentito che i lavoratori adottassero nomi nuovi come “Direttore della prima impressione“, riconoscendo l’importanza dell’impatto che un cliente possa avere al contatto iniziale con la realtà scelta, come interlocutrice per le proprie esigenze.

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