Criptomnesia: la pratica inconscia di copiare le idee altrui

29 Settembre 2014
Federica Russo
Per leggere questo articolo ti servono: 1minuto

plagiarism6Il cosiddetto “copia e incolla” è una pratica di tutti i tempi. L’antica Roma già contemplava “l’accusa di plagio” quando un autore latino copiava frasi, pensieri o testi di altri autori. A scuola il “copia e incolla” è la pratica di copiare il compito in classe del compagno più bravo. Su internet questa pratica è diffusissima sui social network. Si sceglie il contenuto che ci piace e lo si incolla sulla nostra bacheca e l’effetto “profondo” è assicurato .

Pare non si possa proprio fare a meno di copiare i pensieri e le idee altri. E’ stato anche coniato un termine apposito per questo fenomeno: criptomnesia.  L’attribuzione fu degli psicologi Alan Brown e Dana Murphy nel 1989.

Nel volume del tutto illuminante del 1994 “The Psychology of Writing“, lo psicologo cognitivo Ronald T. Kellogg la definisce come

la convinzione che un pensiero sia nuovo, quando nei fatti si tratta di una memoria “.

Qualsiasi idea abbia l’individuo questa è un’idea già formulata da altri in condizioni esperienziali analoghe. Tutte le tradizioni e le credenze culturali sono da considerarsi un fattore collettivo, appartenenti ad un’intera comunità e non al singolo.

Una sorta di plagio inconscio che contamina tutti, dall’illustre sconosciuto alla penna più autorevole. Perchè pare si sia è più propensi a plagiare quando si scrive che quando si parla. Questo stando ai risultati ottenuti dai gruppi di analisi nel laboratorio seminale di criptomnesia di Brown e Murphy. A n° gruppi di 4 studenti fu chiesto di generare esempi di categorie a turno. Ogni giro prevedeva che ne generassero dei nuovi senza duplicare mai né le proprie né le altrui risposte. Il 75% dei partecipanti ha prodotto almeno un plagio alla prima tornata di test. Alla seconda il 70% dei partecipanti ci è ricascato.

Questa irresistibile tendenza sarebbe riconducibile a ciò che già negli anni’70  il sociologo britannico Gregory Bateson chiamava filtri creativi: filtri che la nostra mente utilizza per canalizzare tutti i flussi esteriori e categorizzarli con dei frames ( cornici) che fungono da rete di sicurezza per l’essere umano. Un reticolato di credenze, pensieri altrui, conversazioni, vissuti esperienziali che offrono al nostro inconscio delle basi, dei valori condivisi a cui aggrapparci.

Come affermava Bateson:

" Il rigore da solo è morte per paralisi, l'immaginazione da sola è pazzia".

L’uomo non è un’isola e sarebbe impensabile vivere da soli senza farci influenzare dagli altri.

 

L'AUTORE
SOSTIENI IL PROGETTO!
Sostienici
Quanto vale per te l’informazione indipendente e di qualità?
SOSTIENICI