I PCP viaggiano con Alice e lo fanno in maniera indipendente

23 Gennaio 2015
Marco Miggiano
Per leggere questo articolo ti servono: 6minuti

PCP_studio_piccolaPer essere indipendenti, genuini e sinceri, avere voglia di divertirsi suonando dando spazio alla propria ed altrui creatività, stupirsi di trovare ogni volta una piacevole sensazione nel prendere in mano lo strumento e registrare infine il primo disco, che è come sempre il punto di arrivo ma anche un nuovo punto di inizio per un gruppo, realizzando anche un bel prodotto musicale, bisogna per forza di cose avere venti anni? Oppure queste sensazioni, sogni e bisogni possono essere presenti anche in chi venti anni non li ha più ma ha comunque quella voglia di divertirsi e suonare di un ragazzino?

E’ questo, in estrema sintesi, quello che si percepisce conoscendo ed ascoltando i membri di un gruppo milanese, appunto indipendente, sincero e genuino, che si chiama P.C.P. acronimo che sta per “Piano che Piove”. Un gruppo di recente formazione composto da Mauro Lauro (chitarra), Sabrina Botti (voce), Massimiliano Ghirardelli (contrabbasso), Giuseppe Mele (batteria) e Ruggero Marazzi (chitarra) alla loro prima uscita discografica, un lavoro acustico che prende il titolo di “In viaggio con Alice”.

Partiamo dal principio. Come nasce l’esperienza musicale dei P.C.P. e perché avete scelto questo nome (Piano che Piove) presentandovi appunto con l’acronimo P.C.P.?
Siamo musicisti che per anni hanno suonato nel circuito milanese facendo un po’ tutto quel che capitava, come la maggioranza delle band che, per amicizia, per divertimento, in modo un po’ goliardico, fanno notte suonando nei locali. Diciamo che a un certo punto si sono create le condizioni per mettere in piedi un progetto di inediti e da lì non si è tornati indietro. I PCP nascono con l’idea di creare un laboratorio creativo, un luogo dove ogni sensibilità possa trovare spazio. L’idea di fondo è quella della sinergia, attitudini e capacità diverse definiscono progetti la cui qualità globale (poca o tanta che sia) è comunque superiore a quella che ogni singolo avrebbe potuto mettere insieme di suo. Se i valori in campo sono coerenti questo può funzionare. Certo, non va sempre tutto liscio. Nel tempo, qualcuno se n’è anche andato.
Piano che piove è una sorta di saluto beneaugurante che uno di noi (lui non lo dice ma è sicuramente un voto) utilizza sempre alla fine di una telefonata o come frase di commiato. Alla fine ha preso il sapore di un invito alla tranquillità, a non prendersela troppo. Quando ci siamo trovati a dover scegliere un nome è uscito questo. Diciamo che lo facciamo sempre precedere dall’acronimo PCP, che alla fine diventa il principale elemento identificativo.

“In viaggio con Alice”, il vostro album di 9 tracce è come stesso voi lo definite un “prodotto sincero e genuino”. Pensate che la musica italiana oggi, cantautorale o meno che sia, debba ritrovare una certa spontaneità e sincerità allontanandosi da quelle costruzioni di fabbrica che troppo spesso si legano ad approcci musicali costruiti a tavolino solo per vendere qualche migliaio di copie in più?
La definizione si riferisce al fatto che, essendo noi una band acustica, abbiamo preferito utilizzare suoni e arrangiamenti uguali, o simili, a quelli che siamo in grado di riprodurre dal vivo, evitando di fare qualcosa di troppo lontano dai nostri live. Ovviamente c’è anche un po’ di ironia nell’utilizzo di uno slogan da fiera paesana.
Per la seconda parte della domanda, sincerità e spontaneità non mancano ma, se l’obiettivo è quello di una visibilità che superi l’ambito strettamente amatoriale, qualsiasi prodotto si deve misurare con il mercato e il clima culturale. Estremizzando puoi dire che nessun impresario può permettersi di mettere in cartellone uno spettacolo che nessuno va a vedere e che l’interesse verso un certo tipo di spettacolo (qualunque, e a prescindere dalla qualità) dipende dal clima culturale. Ci sono stati periodi nei quali si investiva in novità, sperimentazione, idee, ma c’era anche un pubblico maggiormente disposto a recepirle queste idee, a spendere dei soldi. Oggi scarichi un mp3 gratis, l’ascolti trenta secondi, se ti piace lo tieni e se no ne prendi un altro, chi opera professionalmente da una parte non può non tenere conto di queste trasformazioni, dall’altra, complice forse un clima di scarsa curiosità, se ne fa una ragione e punta al prodotto sicuro. Poi c’è tutto il sottobosco di chi arriva fin dove può con le proprie capacità e i propri mezzi, ma questo è un altro contesto.

Tornando al vostro album, dove vi ha portato questo viaggio con Alice, musicalmente parlando ma non solo?
La canzone “In viaggio con Alice” parla di una persona che, nella tranquillità di un posto in treno, fa quattro chiacchiere con la propria vita (Alice) ripercorrendo momenti salienti di quel percorso. Per noi, artisticamente e umanamente, è stato sicuramente un momento di confronto e di crescita, organizzativamente ci stiamo muovendo per promuovere l’attività. Abbiamo appena iniziato una collaborazione con un’agenzia di Bologna, e vediamo come va. È chiaro che non è facile.

Come gruppo, ma anche come singoli musicisti, vi siete approcciati a diversi generi come rock, jazz ed anche country, optando per delle sonorità acustiche per il vostro ultimo album. Come mai questa scelta che comunque lascia ampio spazio alla sperimentazione e paesaggi sonori molto diversificati tra loro?
Diciamo che dopo aver provato cose diverse forse la condizione della string band acustica era quella che ci stava addosso meglio, quella con cui avevamo più confidenza. Per un breve periodo abbiamo mescolato un po’ le cose ma il risultato non ci piaceva. Ti devi sentire bene con gli strumenti che suoni. Inoltre, in elettrico hai la possibilità di diversificare maggiormente il suono, specialmente attraverso l’uso dei campionatori, ma si tratta di strumenti il cui uso richiede una certa preparazione. Ampliano molto lo spettro delle possibilità ma richiedono capacità e tempo. Una dimensione più essenziale, come l’acustico, ti obbliga a misurarti con il cuore di quello che fai e se vuoi ti aiuta anche a capire meglio se una canzone o un arrangiamento funzionano o no per quello che sono. Oggi anche in uno studio piccolo si può fare veramente molto ma, a parte la mole di lavoro, vale quanto dicevamo prima circa l’importanza di darsi un’identità riconoscibile anche nei live. Per quanto riguarda le diverse sfumature di genere che si trovano nel disco, diciamo che le canzoni che lo compongono sono state scritte in tempi diversi e risentono sicuramente di influenze e suggestioni del momento. Anche nelle ultime cose che abbiamo fatto però c’è abbastanza “disordine stilistico”, chissà, forse è proprio una cifra distintiva.

Nel vostro sito leggo che P.C.P. è “un progetto di musica indipendente”. Cosa significa per voi, che certo non avete più venti anni cioè quell’età in cui si cerca quell’indipendenza creativa spesso rifiutando di lavorare con etichette discografiche o manager, essere indipendenti oggi in particolare facendo riferimento alla realtà milanese?
Essere indipendenti significa non essere legati a nessuno e assumersi tutta la responsabilità di quello che si propone. Oggi, tuttavia, al di là del fascino romantico che l’aggettivo porta con sé, l’indipendenza è anche una condizione obbligata per chi parte da un proprio progetto cercando uno spazio di visibilità perché, diversamente da quando si andava a bussare alle case discografiche con la registrazione casalinga, oggi prima arrivi con il tuo prodotto finito poi eventualmente discuti con chi ha i mezzi per darti una mano a promuoverlo. Il fatto anagrafico in questo senso non apporta grandi differenze.
Per quel che riguarda Milano diciamo che qui di cose se ne fanno parecchie, è una realtà sicuramente più dinamica di molte altre. Questo però significa anche che tutte le volte che ti muovi per parlare con qualcuno o per organizzare una data da qualche parte devi fare la guerra. Quando la gente che condivide un interesse è tanta e tutti spingono per promuovere un lavoro, anche solo riuscire ad avere un contatto telefonico diventa un’impresa. D’altra parte, pretendere di avere tutto sotto casa e nessuno che ti si mette in mezzo, in effetti sarebbe pretendere un po’ troppo.

Progetti e date future per P.C.P.?
A febbraio dovrebbe iniziare un’attività di promozione organizzata. Speriamo di portare le canzoni a più gente possibile, per quanto poco originale il nostro obiettivo è solo questo.

L'AUTORE
SOSTIENI IL PROGETTO!
Sostienici
Quanto vale per te l’informazione indipendente e di qualità?
SOSTIENICI