Due alfabeti per ogni cervello umano

27 Gennaio 2015
Federica Russo
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comunicazione-paraverbaleLe lettere, l’alfabeto, il mondo delle parole e la conseguente comunicazione tra individui avviene in modi diversi, particolari e, a tratti misteriosi, ma la risposta più esauriente può fornircela la neurologia.

Un interessante studio proprio su questo aspetto è stato approfondito dai ricercatori della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (SISSA) di Trieste e delI’Istituto italiano di tecnologia (IIT) a Rovereto, che firmano un articolo su Current Biology.

Stefano Panzeri, Mathew E. Diamond e colleghi hanno condotto dei test sui topi le cui risultanze confermerebbero l’esistenza di due tipi di sistema di codifica delle lettere dell’alfabeto.

Uno, quello conosciuto già da tempo, la cui parola d’ordine è “sequenza“, che fa corrispondere a picchi d’intensità una certa lettera dell’alfabeto. L’altro , la cui parola d’ordine è “tempo“, consisterebbe nello scandire le lettere in base alla distribuzione temporale dei picchi d’intensità che danno vita agli impulsi. Inoltre la codificazione temporale è più frequente rispetto a quella sequenziale dato che gli impulsi riescono a cambiare nell’arco di millisecondi trasportando più bit di informazione rispetto a una frequenza che ha un’intensità più lunga.

Cosa significa tutto ciò? Sembrerebbe difficile letta così e in effetti spiegarla è impresa ardua, ma a pensarci un attimo, una risposta più chiara si può tentare. In effetti quando noi dialoghiamo riusciamo a formulare un discorso con tante parole in poco tempo (codifica temporale) e invece quando ascoltiamo l’interlocutore ci impieghiamo un secondo di più a capire le parole pronunciate dall’altro (codifica sequenziale). 

Altro esempio è quello dato dagli autori che osservano che l’esistenza di due sistemi di codifica crea canali multipli sulla stessa linea di trasmissione.

Prendiamo ad esempio la sensazione tattile: il cervello utilizza canali multipli per comunicare aspetti dello stimolo – intensità del tocco, grana della superficie, forma dell’oggetto e via dicendo – che non potrebbero essere comunicati con un singolo mezzo di informazione, ha detto Panzeri.

Grazie a questa scoperta, sappiamo meglio come imitare il linguaggio del cervello, e quindi riprodurlo. Possiamo, quindi, pensare di sviluppare protesi robotiche, arti artificiali, in grado di comunicare con il cervello in modo bidirezionale e complesso, così da permettere non solo un ripristino delle capacità motorie, ma anche dei sensi, a cominciare dal tatto.

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