La rivincita dell'ulivo pugliese

16 Aprile 2015
Giovanni Guarini
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Albero millenario della piana del brindisino

Sono qui da oltre mille anni, grazie ai monaci Basiliani che mi hanno innestato sull’antico termite (F.Bianco)

 

A volere essere precisi, quella degli ulivi, più che una rivincita sembra il dispetto finale, l’estremo sacrificio per punire e svegliare coloro che dovevano prendersene cura e invece li hanno usati solo come un bancomat.

Si perchè in Puglia gli ulivi per anni hanno fruttato di più da abbandonati che da coltivati. Perchè se si possiedono alberi di ulivo si ha diritto a riscuotere delle integrazioni, aiuti comunitari stanziati con cadenza annuale. Molti imprenditori, quando le integrazioni erano proporzionali al numero degli alberi, hanno piantato uliveti cosí fitti che sembrano quasi vigneti, li hanno messi lí e non se ne sono mai curati. A prendersi cura degli alberi si spendono soldi e poi quando raccogli le olive te le pagano una fame, non conviene.

Anche tantissimi piccoli proprietari hanno abbandonato questi alberi per millenni cosí importanti, riscuotendo l’integrazione e considerandola un frutto dell’uliveto.

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Ora questi stanno guardando i loro alberi-che-fruttavano-senza-frutto eradicati, perchè stanno morendo. Non per colpa di un batterio Killer, ma per colpa dei funghi, delle marciscenze che questi incentivano e in linea generale per l’assenza di buone pratiche agricole.

 

 

Come sostiene Franco Bianco, esperto naturalista salentino

Franco Bianco, Naturalista

Franco Biano, Naturalista

 

una volta, quelle che ora vengono definite da alcuni “le buone pratiche”, erano le uniche pratiche usate per prendersi cura di alberi il cui frutto veniva apprezzato e venerato. Gli alberi di olivo hanno dato molto agli uomini e chiesto in cambio solo poche accortezze: una potatura rispettosa, un aratina leggera almeno un paio di volte all’anno e, al bisogno, qualche colpetto d’ascia nel punto giusto. Nel passato esistevano maestri d’esca che con un’ascia affilatissima curavano il tronco dell’ulivo dalle piccole marciscenze, liberandolo dalle colonie di insetti che piano piano lo avrebbero fatto ammalare. Presto dopo la monda, quando si ripuliva un uliveto da rametti e foglie secche, questi si incenerivano con una tecnica gentile, che non bruciava il suolo e la vita dei suoi microorganismi. Questa era la pratica che più giovava al vigore della pianta. L’assenza di queste cure, spesso a seguito di una cattiva interpretazione delle tecniche della non-coltura, la si nota in ogni uliveto che si sta ammalando. Le amorevoli cure di un tempo, di cui quest’albero è indubbiamente meritevole, si notano ancora di più!

 

I giornali lo sanno, il presidente dell’associazione “Spazi Popolari” Ivano Gioffreda, molto impegnato a promuovere una soluzione alternativa all’eradicazione, incontra politici locali e nazionali da mesi. A tutti mostra gli ulivi che lui ha trattato nella zona dove c’è stato il primo focolaio, stanno benissimo ed hanno visto soltanto una potatura, una disinfezione con calce, come si usava un tempo, pochi trattamenti con solfato di rame (ammesso anche in agricoltura biologica) e un paio di arature leggere nei momenti giusti.

Ma per ora a nessuno dei capoccioni è parso opportuno schierarsi dalla parte di questo approccio.

Sembra che la linea scelta dai politici e da alcune associazioni sia quella di autoproclamarsi “impestati” e chiedere lo stato di calamità, sperando di attingere a fondi di sostegno.

Bancomat.

Di nuovo stanno trattando il territorio pugliese come un bancomat.

È una grande tragedia, quella che sta accadendo agli alberi di ulivo in Puglia, un’odissea cominciata decenni fa e che ora volge all’epilogo. Una tragedia dove la vittima unica è l’albero e non l’uomo che doveva prendersene cura. Questo semmai è il carnefice, non il martire.

Monsanto, i politici, i piani di speculazione, sono storie paralelle che si intrecciano con la trama principale, anche loro sferrano colpi mortali, ma sono solo comparse.

Una tragedia che si rispetti, però, prevede più di un atto. Che il secondo atto sia intitolato “Il risveglio del contadino”?

Ce lo auguriamo.

Abbracci agli ulivi,

GG

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