Giovani: sognano colloqui di lavoro anonimi e il 58% è pronto a partecipare ad una rivoluzione

25 Aprile 2015
Aurora Scudieri
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lavoroQuando studi vedi ancora tutto rosa: trovare il lavoro per il quale ti stai formando, guadagnare, trovare la persona giusta, comprare la casa e mettere su famiglia. Man mano che inizia l’ingresso nel mondo del lavoro la fantasia lascia il posto alla realtà e i giovani cedono al pessimismo.
Così svela una indagine svolta sui ragazzi sotto i 30 anni che analizza la loro percezione del mondo lavorativo.

Come i giovani descrivono il mondo del lavoro? Qual’è la loro prospettiva? In 1160 hanno risposto ad un questionario realizzato sul web e sui social network da alcuni siti internet dedicati agli studenti.
Per i tre quarti di loro la cosa più importante era trovarsi in un ambiente di lavoro piacevole, di fare qualcosa di interessante e di avere un buon equilibrio tra vita professionale e vita privata.

Il 90% dei giovani intervistati confessa di preferire un lavoro meno retribuito se questo però li condurrebbe a fare quello che gli piace e li fa star meglio. Al contrario, noia e frustrazione sarebbero i primi motivi che li condurrebbero a licenziarsi. Se non si sentissero soddisfatti, il 32% dichiara di poter lasciare il posto di lavoro da un giorno all’altro.

A livello di impegno sociale, i giovani dichiarano di preferire associazioni e ONG invece che sindacati e gruppi politici. Molti quelli che dicono di essere pronti a spendersi per una giusta causa, e il 58% si dichiara pronto a partecipare ad “un movimento di rivolta di massa”.

Più sono giovani, più sono ottimisti sul loro futuro professionale.
Ma, più si avvicinano alla vita attiva e più il loro sentimento di futuro diventa migliore di quello dei propri genitori.
Ma, paradossalmente, i più ottimisti sono proprio quelli che lavorano giù. Il 72% si dichiara “molto ottimista” o “piuttosto ottimista” rispetto al 66% del totale degli intervistati.

Anche il processo di reclutamento dei dipendenti è stato messo in discussione: molti temono la discriminazione e reclamano l’anonimato nelle candidature. Mirano ad un lavoro di squadra e alle relazioni interne strette. Molti, inoltre, sperano di avere la possibilità di dimotsrare direttamente al “capo” le proprie capacità, la possibilità di “mettersi in luce” e di poter “imparare ogni giorno” dai più anziani.

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