La rabbia uccide 160 persone al giorno

5 Maggio 2015
Aurora Scudieri
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cane rabbiaPensiamo che sia una cosa da film dell’orrore o dai fantasy americani. Ma la rabbia è ancora presente, e non solo negli animali ma anche negli uomini, provocando danni umani ed economici considerevoli in Asia e Africa, come dimostra uno studio inglese che mira a spingere il vaccino per i cani, soprattutto quelli che vivono in casa.

Ogni giorno 160 persone muoiono di rabbia in tutto il mondo, una malattia curabile che ha ‘un costo’ di 8 miliardi di euro all’anno, soprattutto ai paesi in via di sviluppo. Uno studio pubblicato dai ricercatori dell’università di Glasgow, nel Regno Unito, stima che per uscire da questa, sottovalutata, crisi sanitaria sarebbe sufficiente vaccinare i cani che vivono in famiglia, all’origine di oltre il 99% delle contaminazioni sugli uomini.

Se, infatti, questa malattia è quasi sparita nell‘Europa del Nord e dell’Ovest, grazie ai vaccini appunto, continua e cresce nei continenti asiatici che registrano il 59,6 % dei decessi per rabbia registrati in tutto il mondo, e in Africa (36,4 %).
Lo studio inglese rivela che i vaccini sui cani domestici rappresentano ad oggi solo 121 milioni di euro in investimento, ossia l’1,5% delle perdite finanziarie dovute alla rabbia.

Uno sviluppo dei vaccini simile a quello presente nei paesi sviluppati condurrebbe ad un calo dei decessi ma anche ad una maggiore possibilità nella cura dei malati che causerebbe ad una diminuzione di risorse economiche legate al fatto che le vittime non riescono più a lavorare, e quindi a produrre.

La rabbia si trasmette con i morsi, i graffi ma anche con la saliva dell’animale contaminato. Il virus danneggia i neuroni del cervello e porta, quasi irrimediabilmente, la morte del soggetto se questo non riceve cure immediate. Delle cure “dopo contaminazione” esistono ma sono efficaci solo se assunte prima della presenza di sintomi. I soggetti contaminati mostrano, quasi subito, delle difficoltà a deglutire e dei traumi neuropsichiatrici che conducono prima al coma e poi alla morte, che avviene spesso dopo un infarto.

 

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