Una fumata di Narghilè equivale a 20 sigarette?

27 Maggio 2015
Aurora Scudieri
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Molto fumo e tanto arrosto, ma soprattutto tanti danni per l’organismo. Profumato, esotico e bello da condividere ma anche tanto dannoso per la salute.

Fumare il Narghilè è, secondo gli studiosi che hanno partecipato all’ultima conferenza su “Tabacco e Salute” che si è svolta negli Emirati Arabi, molto pericoloso per il nostro organismo.

Naghile

Dal primo allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della salute (OMS) nel 2005, il Narghilè è sotto la lente di ingrandimento per capire cosa si nasconde davvero dietro a questa ‘lunga pipa’, prendendo in considerazione il suo successo mondiale e il suo utilizzo, sempre più ampio, soprattutto tra i giovani attirati dai suoi profumi esotici, “più dolci” della sigaretta classica.

Dietro a questa “dolcezza” si nasconderebbe un grave danno per la salute: una semplice soffiata, infatti, equivarrebbe alla fumata di una sigaretta intera, secondo il sito l‘Atlas che pubblica i risultati diffusi dalla Società americana del cancro e dalla Fondazione mondiale del polmone. Edouard Tursan d’Espaignet, responsabile dell’OMS, durante la conferenza svoltasi negli Emirati si è spinto ancora più oltre affermando quanto segue:

“Una fumata di Narghilè equivale a fumare d 20 a 30 sigarette”

Contrariamente ad una “errata” idea diffusa tra i giovani, fumare Narghilè non sarebbe meno pericoloso del vizio della sigaretta. Forse questa è meno concentrata ma la differenza viene subito ridotta dalla quantità inalata. Nel 2014, all’interno del Journal of Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention, uno studio metteva in evidenza il tasso elevato di nicotina, monossido di carbonio e sostanze cancerogene nelle urine degli utilizzatori regolari di Narghilè.

Nel fumo era presente anche una dose importante di metalli pesanti quali uranio, piombo e nickel, secondo i dati pubblicati dal BMC Public Health a febbraio scorso. Questo tipo di fumo viene inoltre praticato in prevalenza da una popolazione molto giovane e negli USA soprattutto in campus universitari. In dieci anni, negli Stati Uniti, l’utilizzo di questo strumento sarebbe aumentato del 123% secondo la rivista Pediatrics.

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